domenica 29 settembre 2013

MICHELE, IL PRIMO DEI PRINCIPI


Proprio oggi, nella Festa de' Principi Potenti, riportan le cronache che la terra ha tremato al Gargano, Monte Santo dell'Arcangelo. 
L'Archistratega è alla testa dei Tre, e poi dei Sette, e poi al comando delle Schiere Celesti tutte. Poggiò una volta un de' suoi pié al Monte Santo di Francia, e prima ancor l'altro in sul Gargano. Secondo le Scritture Sacre deve tornar per guidarLi alla Finale Battaglia... 
S'Egli avesse poggiato nuovamente un de' suoi piedi...? Allor, se così fosse, poggierà poi l'altro, e giunto pel primo, saran dietro di Lui e sequiteran l'Altri, e poscia le Armate dei Ciel tutte... 
Suggestione, fantasia, o Segni? A ognun le sue conclusioni. Alla Fé la risposta.
Di certo, un Cavalier, trova almeno valido motivo di più Profonda Preghiera e più Attenta Riflessione, per questo giorno. E non manca di lustrar et ingrassar ancor meglio la Spada. 
Ché i Tempi son sanza dubbio Maturi.

domenica 8 settembre 2013

IL CAVALIERE, LA MORTE, IL DIAVOLO


Di fronte a quest'immagine di Mastro Durer, che così bene e profondamente riassume la Via del Cavaliere, mille e mille pensier s'affollano nella mente, dialogan tra loro, ne rincorrono altri, e altri ne suscitano. Risulta allor quasi impossibile fermarli, e metterli per iscritto...
Ma se non ne siam capaci, lasciamo allordunque che sia altri a dire di quest'opera, che certissimamente non possiamo non mostrar quivi, alla Torre; uno che in modo eccelso ha saputo carpirne lo spirito e renderlo in parole, delle quali ne riportiamo una parte, ancorché sarebbero forse da riportar tutte.
Così favella intorno alla bella immagine il Giovanni Cau:

Vi sono la guerra, la preghiera, l'amore, il giuoco e la contemplazione. Tutto il resto, poi, non è che triste fatica.
Un invisibile cerchio, di cui egli è il centro, si sposta sulla Terra mentre il Cavaliere avanza. Cammina in mezzo a un sole riverberato.
Egli ama la morte? Ogni grandezza è costretta ad averla per compagna; infatti come si può essere il primo, il migliore, sì, come si può camminare in testa, senza correre un rischio mortale?
Il Cavaliere è tutto duro di Fede e di certezza. Il suo destriero è quel tranquillo animale che non vacilla davanti alle fiamme rampanti dell'inferno. Il Cavaliere è quel blocco di Fede che non esita a varcare le porte di città abbandonate dagli abitanti, dove troneggia la peste. È duro di una credenza ostinata e quando abbassa la visiera dell'elmo, eccolo che per battersi o per l'assalto, si mura vivo in questa Fede. O vincerà. O perirà senza una parola di rinnegamento nella sua prigione d'acciaio. Quando abbassa la visiera compie un gesto senza ritorno, infatti non la rialzerà che vincitore, per lodare Dio o perché morirà ostinato, nella corazza chiusa.
Il suo Dio è semplicissimo, composto dal Buon Dio dalla Madonna e da Nostro Signore Gesù Cristo. Non vi sono discussioni, non vi sono problemi. Dio esiste, categoricamente. Il diavolo anche. Il sole anche. Tutto è vero.
Lui dice sì, o dice no. Afferma o rifiuta senza senza attorcigliare di commenti quel che dice. Non si può discutere con lui, è troppo semplice. Le parole di lui pronunciano l'Universale e formulano il Tutto. Non sa cavillare, ma vivere nel Vero e morire per testimoniarlo con la sua morte. Il Cavaliere monologa certezze nette.
Mai egli sarà vinto dalla morte, mai si volgerà all'invito del diavolo. Di fronte alla morte e a diavolo, chi non è solo? Ma egli non si è preoccupato affatto di essere seguito. L'eroe che non chiede di essere seguito, non trattiene coloro che l'abbandonano, non si lancia all'inseguimento di chi diserta.
Su tutta la terra, un solo grido: “Siamo folla!” e il repellente colore della somiglianza. Io ho un nome -dice invece il Cavaliere-. Il mio cavallo ha un nome. Il mio cane ha un nome. La mia spada ha un nome. Tutto intorno a me è nominato. Io sono di una razza, di una stirpe, di una terra.
Non ne voglio sapere, o Vescovo, del tuo amore che s'inginocchia e tende la gola. Il mio nemico prima lo vinco, poi lo sollevo e lo amo.

Che altro aggiungere dunque? Vi sarebbe, in effetti, molto altro... 
Ma il Cavaliere che ci sta innanzi non parla né fa alcunché di speciale. È esempio. La sola presenza d'un Cavaliere dev'essere esempio, giacché è scritto: “Voi siete la luce del mondo... Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre buone opere e rendano gloria al Padre” e ancora: “vi ho infatti dato l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi”.
Se sequitiam Quell'Esempio, diventiam adunque noi stessi esempio; e se dietro al Cavalier continuerà a non esser niuno, saremo però spalla a spalla, l'un di fianco e l'altro, e diverremo un Dì, Quell'Ultimo Dì, Invincibile Schiera...
Pel Re dei Re !




domenica 31 marzo 2013

DA CHE PARTE?


Le croci del Golgotha son ormai spoglie de' corpi, son stati deposti color che v'erano appesi. Rimangono colà, mute eppur eloquenti: Colui ch'era al centro è Risorto! Colui ch'era da una parte è con Lui in Paradiso. Di colui ch'era dall'altra non sciamo con certezza la sorte, ma non abbiam di che ben sperare.
Oggi è Risorto il Nostro Signore. Ma non possiamo esser dimentichi della Sua Croce. Né delle due che si trovano ai lati d'Essa. Anzi.
Da una il ladrone chiede Perdono, dall'altra il ladrone ingiuria il Signore. Due opposte manier di porsi di fronte alla Croce, di fronte al Verbo e alla Verità, di fronte a Dio. Quel Giorno come oggi, innanzi alla Croce, ch'è divenuta Vessillo del Risorto, Re dei Re, stanno quinci e quindi due schiere, Una che Lo segue, e una che Lo rigetta. Tertium non datur: non v'è obiezione di coscienza nella Guerra Santa, né nella Battaglia Ultima che si approssima.
Quella Croce, ch'è ora Vessillo, chiede una risposta ad ogni cavaliere, e ad ogni uomo.
Giunge l'Ora, anzi è già giunta, nella Quale occorre, anzi urge, schierarsi.
Schieramoci dunque sotto la Rossa Croce, ché Quella Schiera segue la Via della Gerusalemme Celeste, mentre l'altra quella della città di Dite. Pur con i nostri peccati, appelliamoci al Signor dei Signori, chiediamo venia, e seguiamoLo. Tutti e due infatti eran ladroni, tutti e due colpevoli, tutti e due crocifissi, tutti e due vicini al Salvatore, tutti e due Lo conoscevano, ma uno solo credette in Lui, e con Lui prese la Via del Cielo.
O Cavalieri, se vogliam Veramente essere della Santa Schiera che l'Ultimo Giorno sarà Vittoriosa al Seguito del Sommo Condottiero, guardiamo ogniddì al Risorto come il ladrone fece al Calvario. Egli temette, ammise i suoi peccati, riconobbe in Cristo Gesù l'Innocenza, lo confessò come Signore, e credette alla Resurrezione. Ancorché in extremis, fu pronto per l'Ultima Ora e per l'Ultima Battaglia. Prepariamoci anche noi per Quella Battaglia che s'avvicina velocemente, e facciamolo ben prima dell'Ultima Ora, poiché è Scritto “Estote parati !”.
Giunge l'Ora, nella Quale la Croce sarà Scrimine Perfetto per il Giudizio, Asse Centrale della Bilancia della Divin Giusticia, e il Signor Nostro Gesù Cristo, Ch'è già Risorto, sarà altresì Giudice Santissimo e Certissimo.
Da che parte ci siamo schierati? Staran da una parte le pecore e dall'altra i capri, d'una parte saran segnati dalla Croce e dall'altra col marchio della bestia infame, d'una parte color che seguon Verità e dall'altra chi segue menzogna, d'una parte i Cavalieri che giungono in ranghi serrati dalla Bianca Torre Eburnea e dall'altra la soldataglia che si disperde dalle sette diaboliche torri.. e veran d'una parte presi e dall'altra lasciati...
Seguiamo dunque il Vessillo del Risorto, Combattiamo per il Re dei Re e Giudice Giustissimo, o Cavalieri Crucesignati ! La Vittoria e la Ricompensa e le Corone son già state preparate dal Dì di Pasqua.
Vexilla Regis prodeunt ! Fulget Crucis Mysterium! Vexilla Regis prodeunt !

martedì 19 marzo 2013

HABEMUS PAPAM


“Qui sibi nomen imposuit Franciscum”.. Papa Francesco..
Chi scrive è tra i molti che per molti anni ha sognato d'un Pontefice che prendesse il nome del Santo d'Assisi. Qui alla Torre, par palese, amiamo più i Cavalieri di campagna, con l'armatura insudiciata di fango e mal ingrassata, che i boriosi cavalieri di città, tutti ingoffati ne' loro pizzi e merletti.
Ma con Santa Misura.
Francesco: non certo un qualsiasi “poverello”, ma piuttosto il “Ricchissimo d'Ascesi”.
Francesco è infatti, per un Pontefice, un nome così carico di responsabilità da essere quasi pericoloso. Che non ve ne siano stati altri è indicativo. Guai a prendere quel nome senza dare almeno simili frutti d'Umiltà e di Carità; frutti che devono stare nella Giusta Misura della Bilancia della Divin Giustizia, che vol sempre essere in pari.
Già, perché se il popolo, mare sempre più agitato, sembra acclamare un certo tipo di povertà, quasi a voler vedere una Chiesa povera quanto esso stesso, “mal comune mezzo gaudio”, la Giusta Povertà è sol quella accompagnata d'una Meravigliosa Ascesi, quella d'un abbandono dello sfarzo inutile, certo, epperò accompagnato d'un grande Ritorno ai Simboli Tradizionali ed Essenziali, un abbandono dei pesi superflui per una migliore Risalita.
Francesco d'Assisi lo sapeva bene: altrimenti sarebbe stato un Frate povero come ve n'erano mill'altri sconosciuti, e nessuno lo avrebbe ricordato.
E, se qualcuno pone l'accento sulla povertà materiale del Sommo Maestro, non mai comunque indigenza, e sulla famosa Frase del “cammello” e della “cruna dell'ago”, dobbiamo d'altra parte ricordarci, a tal proposito, dell'episodio della Maddalena che profuma i piedi del Signore, e di Giuda che invece la rimprovera, dicendo che i denari di quel profumo si sarebbero potuti dare ai poveri. Giuda, e certo non sarebbe stata l'ultima volta, stava sbagliando, e il Signore lo afferma chiaramente.
Il Culto e la Preghiera, ch'anno veramente negli ori, negli argenti, ne' balsami e negl'incensi, Simboli Potenti, e sono resi all'Onnipotente, non devono essere spodestati dal loro Primato in nessun caso, nemmanco fosse per le Buone Opere. Prima si guarda al Cielo, e poi ci si guarda intorno, con la Carità, la Forza e lo Spirito che vengon di Lassù.
Il Buon Cavaliere ama di cuore il Monaco che non ha altro che il proprio vestito di sacco, e che in quella Povertà Santa trova i Frutti del Signore. E lo abbraccia. Ma il Pontefice.. deh, è altra persona e altro Officio... A lui si bacia l'Anello Piscatorio d'oro... Non per lui, che oggi è colà, e domani non si sa, ma per ossequio all'Altissimo e a Pietro.
Qui alla Torre aspettiamo...
Aspettiamo, chissammai, un ritorno all'Edificio della Chiesa Romanica, proprio come i Monasteri Francescani, senza troppi fronzoli, ma Stabilissima nella sua Essenzialità e Monumentalità, non povera e triste, ma ricca di Felicissimi Simboli scolpiti nella Nuda Pietra.. dei Cuori.
Aspettiamo di certo con gioia quel Rinnovamento dell'Umiltà della Chiesa, di cui tanto si vocifera, in attesa del Ritorno del Suo Sposo, ma insieme a una Rinnovata Ascesi.
Aspettiamo dunque una Chiesa che si rinvigorisca sì nei Valori di Santa Povertà e Semplicità, ma che non sia semplicemente depauperata di valori.
Aspettiamo con Speranza e Misura... E sia Benedetto colui che viene nel Nome del Signore.

lunedì 25 febbraio 2013

CAVALIERI ERRANTI D'ORIENTE, ossia SAMURAI DI CRISTO


Giunsero un dì i Missionari nell'Isole di Cipango, che oggi chiamano Giappone. Molto e molto duramente fueron perseguitati coloro che si convertirono: crocifissi, infilzati, arsi o sepolti vivi, e in mill'altri modi toturati e poi uccisi. I pochi superstiti si rifugiaron in catacombe, ascosero le Icone del Signore e della Vergine, impararono a memoria gran parti della Scrittura e occultarono pur Quella.
Molti Samurai abbracciarono la Fede nella Verità ma, militando ora pel Signore dei Signori, fueron ripudiati dal lor signore terreno, che colà chiamavasi Damiò e Sciogun. Divennero così, senza un padrone da servire, Samurai Erranti, ed eran perciò detti Ronin. Ma ben servirono il Re dei Re, difendendo i contadini da' briganti e dagli eccessi de' governanti locali.
Costoro si radunarono poi in Scimambara, a circa un giorno di cammino da Nagasachi. Correva l'Anno del Signore 1637, e molti ch'eran in quel loco radunati, per adorar l'Altissimo in un'Icona Miracolosa, furon accisi dalle guardie del signore del posto. Fu allor, per la prima volta in Cipango, innalzato il Vessillo Rossocrociato, e dugento Ronin e ancor molti più contadini e servi e braccianti, presero l'armi ed elessero lor duce Amacusa Scirò, figlio di Masuda Ioscizegu, valentissimo Samurai e Predicatore. E prese costui per proprio personal stendardo lo Sacro Calice, sorretto da due Angioli, colla divisa “lodato sia il Santissimo Sacramento”, di seta bianca. Veramente un Cavaliero del Graal, in abiti d'oriente.
Molti s'unirono al Pio Schieramento, che null'altro chiedeva se non la libertà di confessar Cristo Gesù Verbo dell'Onnipotente venuto nella carne; divennero qualche centinaio di Samurai Erranti, circa quattordicimila armati, e circa tredicimila popolani, con molte donne e bambini, e si rifugiarono nella Fortezza di Hara. 
Dall'altra parte stava approssimandosi contro di lor l'esercito di Cipango tutto, composto di oltre centoventiseimila uomini ben armati e addestrati, e sessanta navi da guerra. Tennero testa i Nostri all'esercito per tre mesi, causando ad essi settantamila e più perdite. Ciò che non fece il nimico fece però la fame, e Hara, stremata, cadde infine. Tutti, senza alcuna pietà, furon trucidati, e le teste de' Samurai Santi portate a prova per riscotere danaro.

Ma eccoli ancor Vivi invero.. Son costoro Splendido Esempio di come ogni particolar Tradizione, senza turbar la propria identità d'origine e di cultura, possa trovar Giusto e Unico Compimento nel Verbo Rivelato e Universale; di come ogni Guerrier di qualsiasi contrada del mondo possa servir il Re dei Re; di come, ovunque un Guerriero sia capace di reputar la vita terrena un nulla in confronto colla Vita Eterna, possa la Luce guadagnar Confini Invisibili anche nella perdita di torri e castella visibili.
Ancor oggi infatti, sopravvive in Cipango la progenie spirituale di que' Valorosi, e il Vessillo Crucesignato d'Amacusa Scirò e de' suoi continua a sventolar in Hara ancor più fiero.
E sotto quel Medesimo Vessillo, que' Santi Samurai che difesero gl'umili e gl'indifesi, e tennero quel Baluardo della Verità fino all'estremo sacrificio, son ora, in armature scintillanti e lucenti, posti a guardia della Gerusalemme Celeste, e di Là verranno per l'Ultima Battaglia, e'l Trionfo del Signore dei Signori, l'Unico Condottiero che può promettere la Vittoria financo nella morte.
Attendiamoli noi sotto l'Istesso Invitto Vessillo della Croce del Risorto, e fortifichiamoci per aver almeno un'ombra del Lor Valore, pronti alla Battaglia Finale, per la Gloria dell'Unico Signore, e Unico Re, d'Oriente, d'Occidente, del Settentrione e del Mezzodì.

mercoledì 13 febbraio 2013

DECLARO ME MINISTERIO EPISCOPI ROMAE, SUCCESSORIS SANCTI PETRI, RENUNTIARE


Anche alla Torre è giunto al galoppo il messo con la gravissima notizia. Il Pontefice abbandonerà il Soglio Pontificio e lascerà ad altri le Sacre Chiavi, dipoi si ritirerà in Monastero.
Tutti i popoli di quello che rimane dell'Impero sono sgomenti.
Impossibile non far correre la mente al “gran rifiuto” di Celestino V, pure s'egli non fu l'unico, pure se la situazione è oggidì in parte e un poco diversa. Impossibile permettersi commenti, al fin di criticare o giustificare la decisione del Successore di Pietro.
A un Cavaliere, che pur abbia de' pensieri foschi nel fondo del cuor e molti dubbi, è lecito solo pregare forte e prendere la decisione del Vescovo di Roma, Caput Mundi, così com'è, senza vaniloqui e chiacchericci. Ma con Solidissima Fede: se ciò avviene, foss'anche contro la Divina Volontà, come qualcuno afferma sottecchi, la Provvidenza ne farà uso per apportar frutti.
Né si può mai e poi mai pensare che il Papa dica menzogna, andando a cercar motivazioni diverse da quelle ch'egli ha dichiarato al Concistoro e al mondo. Rinuncia per mancanza di forze... Che mai ci aspetta dunque, per la qual cosa abbia il Pontefice bisogno non sol dello Spirito ma financo della forza del corpo? Quali forze si contrappongono al Ministerio Petrino?
Forse, proprio nell'Omelia delle Ceneri, è stato indicato qualcosa: il Papa dice di colpe contro l'Unità della Chiesa, di divisioni del Corpo Ecclesiale, che arrivano a deturparne il volto. E cita il Profeta Gioele, il Qual proclama una grande chiamata, al suono del corno di Sion, che raduni tutti i popoli, vecchi, bambini, sposi e spose, tutti i Figlioli di Dio ovunque dispersi.
Molti deridono chi, in questi giorni, alza gli occhi alle Antiche Profezie. Eppur l'Apostolo comanda “non disprezzate le Profezie”. Non già per saper prima ciò che avverrà poi, non già per conoscer il futuro similmente a maghi e strolaghi, non già per indovinar precisamente il Quando, ma per cogliere i Segni, per comprendere quanto sia maturo il Tempo, per prepararsi.
Grandi divisioni nella Chiesa e simil sfaceli vide la Mistica con le Stigmate Anna Caterina e pure Santa Ildegarda; Malachia disse di codesto Pontificato “de gloria olivae” e davvero è stata questa la gloria dell'ulivo: una pianta che ha la sua gloria, ovverossia la sua fioritura, brevissima, d'un giorno solo.. una gloria simile a quella del Nostro Sommo Maestro e Re che, salutato da palme e ulivi all'entrata di Gerusalemme, dopo poco tempo si ritira al Getsemani, il Giardino del Monte degli Ulivi, per pregare in solitudine, e dipoi è Crocifisso al Golgotha..
Ma l'ulivo porta poi il suo frutto, e la Crocifissione porta la Resurrezione. Non a caso, è oggi il Giorno delle Ceneri, e inizia il Tempo di Quaresima. Come già si disse qui alla Torre, una Quaresima del mondo. Segni del Tempo e nel Tempo, per chi crede.
Tempo di Santa Astinenza in attesa della Pasqua. In attesa del Ritorno del Signore Risorto e Trionfante, Re e Giudice. Con Fede Solidissima, pronti a una grande Chiamata a raccolta, e ogni pezzo dell'Armatura ben stretto.