mercoledì 15 aprile 2015

DELLE FERITE IN BATTAGLIA


Non son pochi li dolori che un Cavaliero dee sopportar ne la sua vita, e in ispecie nel Combattimento. Alcuni più grandi, altri meno. 
Ma, in Combattimento, tutti son frutto delle sue scelte. Non puole elli negarlo: non può accusar lo compagno, né la dama, né il vessillifero, né il trombettiere. Così fan li codardi, e così avrà lor stessa mercede: niente di niente se non parole al vento.
S'è stato ferito alla gamba, è a motivo che non ha parato lo colpo basso. S'è ferito alla gota, è a motivo che non ha tenuto guardia alta. S'è ferito allo braccio, è motivo che non ha tenuto velocitade ne lo ritrarlo. 
Ma ogni ferita, ogni doloro, è per suo ammaestramento. Persino lo fanciullino lo sa: lo foco brucia, affinché non abbia a perdervi le mani dentro... 
La ferita alla gamba, ha elli insegnato di parar li bassi, quella alla gota a tener guardia alta ove serve, quella allo braccio a esser più veloce nell'avanzare e nel ritrarsi. Ove l'errore è stato più grande, la ferita è più profonda, e la cicatrice permarrà gran tempo, per dar più grande e ferma lezione.
Il Cavaliero ha molte ferite. Non se ne vergogna. Anzi, le espone: son segno del Combattimento, della sua esperienza, delle lettioni apprese. Chi non ha ferite -non si faccia ingannare alcuno- non è un Maestro di Guerra, ma lo peggio tra l'impostori, un che di certo non ha mai partecipato a niun Combattimento, un che blatera di cose che non nosce.
Faccia attenzione dunque il Cavaliero alle sue ferite, le miri e le rimiri, non le asconda, ma ne tragga sempre nuove astuzie e strategie. 
Ché Un Giorno, s'egli n'avrà fatto Tesoro, quelle sue ferite saran ulterior Sigillo sullo Lassapassare per li Cancelli dell'Eternità.