giovedì 27 agosto 2009

MAGHI, STREGHE, NEGROMANTI E FATTUCCHIERE

È evidente che l’Ufficio dell’Inquisizione ha chiuso i battenti da tempo... E costoro dilagano per ogni dove. Talvolta sono solitari, talvolta stringono alleanze tra di loro, formano sette e consorterie; sempre e comunque servono l'ombra, anche se sono capaci di ben mascherarlo. Promettono prodigi e miracoli, danaro e salute, amore e predizioni sul futuro. Lottano con armi diverse dall’acciaio e dal ferro, ma spesso ben più temibili.
Tutte le loro tecniche di battaglia si basano però su unico elemento comune: la paura. Sanno bene che si rivolge a loro chi ha paura: chi ha paura di qualcosa o qualcuno, chi ha paura di perdere qualcosa o qualcuno, chi ha paura di ciò che non si vede o dell’aldilà, chi ha paura e nemmeno sa per quale motivo. E modellano la paura come argilla nelle mani dell’artigiano. La plasmano, le danno la forma più consona ai loro interessi in quel momento. La paura è un demone, e loro hanno imparato a comandarlo. Talvolta sembra persino che lo scaccino, ma è solo un’illusione momentanea; in verità lo hanno solo confinato per qualche tempo. Poco dopo esso ritorna, più forte e tenace di prima. In questo modo creano con il tempo dei “succubi”, persone che dipendono da loro per ogni singola azione, per ogni singola decisione, che delegano così ad altri il loro libero arbitrio. Da questi sventurati essi traggono sostentamento, in termini di danari, ma anche prestigio e potere. Molti di questi loschi figuri hanno accanto degli altri spiriti malvagi, che credono di governare, e dai quali invece sono a loro volta governati. Molti di loro usano in maniera sacrilega oggetti ed immagini sacre.
Il Cavaliere non tema i loro sortilegi, ma si scagli a Spada tratta all’attacco, protetto dalla Lucente e Inossidabile Armatura.
Nessuno sia ingannato! La paura può essere vinta solo dal Coraggio. Il Coraggio viene solo dalla Fede. La Fede viene solo dall’Altissimo. Con la Salvezza.

venerdì 21 agosto 2009

BERNARDO DI CHIARAVALLE


Il Frate Bianco incita ancor oggi il Soldato alla Santa Battaglia, ed il Prete alla Santa Povertà. Guidò Dante negli ultimi Cieli del Paradiso; compilò la Regola per l’Ordine del Tempio, e invitò il mondo occidentale a partecipare ad una Milizia ben più Alta di quella secolare, una Milizia Santa, non al servizio della carne e del mondo, malitia, ma al servizio dell’Onnipotente e del Cielo. Una Schiera a difesa del Tempio, di Gerusalemme, e della Fede. Egli ricordava una guerra contro il male che, nelle baruffe tra Regni e Imperi, sembrava essere stata dimenticata, esattamente come accade oggi. Proclamava un Milizia Nuova, perché rinnovata, ma esistente dall’inizio dei tempi, perché Antica quanto la Luce..
Ascoltiamo dunque le parole di questo Frate, e lanciamoci nell’Ultima Crociata, quella attuale, senza rimandare oltre, per conquistare la Vittoria Finale e definitiva. Non sia permesso al nemico di invadere incontrastato il Tempio, né di continuare ad assediare la Città dei Santi! Sia egli scacciato indietro, con furor guerriero, ferro e Fuoco, a difesa della Gerusalemme Celeste, e dell’Ultima Roma. Rammenti il Cavaliere e mediti di continuo che “vita est militia super terram”: tutta la sua vita, nulla escluso.
Si riscopra il vero e nascosto senso iniziatico della -fin troppo nota nelle sue apparenze- Cavalleria del Tempio, e si cerchi ancor più il significato della -sottesa nella prima- Cavalleria di Maria, Notre Dame! Quanti libri, quante pagine sull’Ordine Templare, e quanto poche che invece riportano semplicemente le parole di Bernardo...
Parole chiare e semplici, ma parole forti. Degne tanto di un Monaco Puro, quanto di un orso forte.
Si combatta non per la propria gloria, ma per Quella del Signore, non volendo la guerra, ma difendendo la Pace, non per denari, ma per la Ricompensa Ultima, non “per essere ammirati dagli uomini”, ma perché “Deus lo vult !”.

domenica 2 agosto 2009

DELL'UNICORNO E DEI SEGNI


Ancora una volta ciò che è scritto negli antichi testi ha dato prova di veridicità, con sorpresa di molti. L’anno scorso è stato avvistato nei boschi d’Etruria un unicorno, nato da un capriolo. In effetti nessuno ha mai affermato che un tale animale potesse discendere solo da un cavallo, o che fosse razza a sé, come taluni pensano. Nemmeno, nei bestiari medievali, l’unicorno è sempre bianco; anzi, spesso è proprio bruno, ed è rappresentato con lo zoccolo diviso in due parti...
Si tratta di un rarissimo evento, dal significato profondo. L’animale, come vuole il mito, è estremamente schivo e riservato. Sembra conoscere la sua eccezionalità.
In una Società Tradizionale il Segno sarebbe stato interpretato dai Monaci e dai Preti, e ovunque si sarebbe sparsa la voce dello straordinario evento. I Cavalieri avrebbero fatto a gara per vederlo, le Dame per poterlo accarezzare. Oggi non viene considerata che la rarità biologica, null’altro che la materialità del fatto. Una stranezza, un’anomalia, uno scherzo, una casualità. Niente si vede oltre la materia, oltre la carne. Niente è considerato seriamente, e seriamente ponderato. Questo perché fondamentalmente si crede che il mondo sia in balia del caso, come i pagani. Non come i Romani e i Greci, che "pagani" non erano proprio. Come i pagani senza Dio, e basta.
Un Cavaliere sa bene che non esistono coincidenze e casualità, giacché le coincidenze e le casualità sono generate, appunto, dal caso; e poiché esiste la Volontà dell’Altissimo, il caso non può evidentemente sussistere. Il Cavaliere ha imparato dunque a cercare un significato in quelle che comunemente vengono definite coincidenze e casualità; se riesce a scoprirlo, esse diventano per lui Segni, eventi e fenomeni inviati dall’Alto per ammaestrare, insegnare, indicare, correggere.
Quando ancora la società si basava sulla Tradizione, queste realtà erano note a tutti. Nessuno era incredulo di fronte ad esse, e nessuno ne rideva. Perché era evidente a tutti che nulla poteva esulare dalla Volontà Suprema. A tutti era noto che il caso non esiste, che ogni cosa accade secondo un Sicuro Volere, e dunque per un motivo.
“Non muove foglia, che Dio non voglia”, dicevano… Perché Sapevano.